martedì 26 aprile 2016

CAMPANIA - L'INCANTEVOLE SORRENTO


La fondazione greca della città in una zona già abitata nel Neolitico si colora di leggenda e poesia. Il nome stesso di Sorrentum è legato al culto delle Sirene, diffuso nella penisola. La città, arroccata sul bastione tufaceo e difesa da tre valloni, si sottomise a Roma e divenne "Municipio" sul finire della Repubblica: l'insediamento originario venne nuovamente fortificato ed il territorio fu diviso tra i veterani. L'amenità del luogo e la vicinanza con Capri, soggiorno preferito di Tiberio,  contribuirono alle fortune della città. Dopo la dominazione dei Goti fu riconquistata da Bisanzio, a cui rimase legata anche nel periodo del Ducato autonomo. Nel 11333 fu conquistata dai Normanni e perse la propria autonomia. Distrutta nel 1558 dai Turchi, fu ricostruita e protetta con una nuova cinta di mura (1561) e torri di avvistamento furono disposte lungo la costa. Dal '600 data la ripresa delle fortune turistiche di Sorrento che, tra '800 e primo '900 divenne una delle mete preferite del turismo internazionale. Purtroppo le felici condizioni ambientali del Piano di Sorrento, che in passato hanno favorito comunicazioni e insediamenti, rispetto all'impervio versante amalfitano della penisola, sono state anche alla base della più selvaggia speculazione edilizia.

L'insediamento originario, coincidente quasi completamente con l'area oggi compresa tra piazza Tasso e viale degli Aranci, si sviluppò all'interno della cinta fortificata antica, di poco più piccola di quella dell'età vicereale. E' ancora evidente il primitivo impianto regolare a cardini e decumani, ove il decumano massimo coincide   con le vie S.Cesareo e Fuoro e il cardo massimo è via Tasso. Piazza Tasso è invece, formata sul riempimento di uno dei tre valloni che circondavano la  città.

La visita inizia da piazza Tasso, posta al limite del centro storico, con la statua di Torquato Tasso che qui nacque nel 1544. Si gode di una bella veduta sul Vallone dei Mulini e sul vallone, percorso dalla strada che scende a Marina piccola. 

PIAZZA TASSO

La chiesa di S.Maria del Carmine prospetta nella piazza

LA STRADA PER MARINA PICCOLA

 

VALLONE DEI MULINI













CHIESA DI SANT'ANTONINO






 

 

 

 

IL DUOMO

 

IL PALAZZO COMUNALE







CHIESA DI SAN FRANCESCO E CHIOSTRO


























 

VILLA COMUNALE E VISTE COSTA SORRENTINA




















 

 

MARINA GRANDE




VISTA DALL'ALTO










UN LAUTO PRANZO



Zi' 'Ntonio




"Torna a Surriento" è una canzone composta nel 1902 da Ernesto  De Curtis, su parole del fratello Giambattista e pubblicata nel 1905.

ANDREA BOCELLI



(LUCIANO PAVAROTTI)



(I TRE TENORI)


Vide 'o mare quant'è bello!
Spira tantu sentimento.
Comme tu a chi tiene mente
Ca scetato 'o faje sunnà .
Guarda, guà  chistu ciardino;
Siente, siè sti sciure arance.
Nu prufumo accussì fino
Dinto 'o core se ne va 
E tu dice "I' parto, addio!"
T'alluntane da stu core 
Da la terra da l'ammore 
Tiene 'o core 'e nun turnà .
Ma nun me lassà 
Nun darme stu turmiento!
Torna a Surriento,
Famme campà 
Vide 'o mare de Surriento,
Che tesoro tene 'nfunno:
Chi ha girato tutto 'o munno
Nun l'ha visto comm'a ccà .
Guarda attuorno sti sserene,
Ca te guardano 'ncantate
E te vonno tantu bene 
Te vulessero vasà .
E tu dice "I' parto, addio!"
T'alluntane da stu core 
Da la terra da l'ammore 
Tiene 'o core 'e nun turnà 
Ma nun me lassà 
Nun darme stu turmiento
Torna a Surriento,
Famme campà 
Ma nun me lassà 

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Per chi ha difficoltà con il dialetto napoletano, ecco la traduzione italiana!

Guarda il mare, quanto è bello!

Trasmette così tanto sentimento

Come te, che pensando a qualcuno

se è sveglio, lo fai sognare!


Guarda, guarda, questo giardino

Senti, senti, questi fiori d'arancio

Un profumo così, fino

a dentro il cuore ti entra


E tu dici: "Io parto, addio!"

Allontanandoti da questo cuore

Da questa terra d'amore

Hai abbastanza cuore per non tornare?


Ma non mi lasciare

Non darmi questo tormento

Torna a Sorrento:

Fammi vivere!


Guarda il mare di Sorrento

Com’è prezioso in fondo:

Anche chi ha girato tutto il mondo,

non ha visto niente come questo!


Guarda, attorno queste sirene

Che ti fissano incantate

e ti vogliono tanto bene:

Ti vorrebbero baciare!


E tu dici: "Io parto, addio!"

Allontanandoti da questo cuore

Da questa terra d'amore

Hai abbastanza cuore per non tornare?


Ma non mi lasciare

Non darmi questo tormento

Torna a Sorrento:

Fammi vivere!




















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Valle dei mulini

lunedì 11 aprile 2016

ROMA - BASILICA DI SANTA CROCE IN GERUSALEMME



E' una delle più insigni basiliche della Cristianità, sia per le reliquie ivi venerate, sia per la struttura architettonica che, sia pure modificata all'interno, risale alla metà del sec. IV.

L'area, dove sorse la basilica, fu occupata nella prima metà del sec. III da una villa imperiale, iniziata da Settimio Severo e completata da Eliogabalo, che comprendeva, oltre al palazzo imperiale ("Sessorium") un piccolo anfiteatro ed un circo. Agli inizi del secolo successivo, il "palatium Sessorianum" fu residenza privata della imperatrice Elena, madre di Costantino, che probabilmente dedicò al culto cristiano un ambiente dell'edificio: qualche decennio più tardi, un atrio di questo fu trasformato in basilica cristiana (da qui i nomi di Basilica Eleniana o Sessoriana). 

L'aula rettangolare (m36,50 x 22), in origine aperta sui lati maggiori da archi su pilastri che furono murati per isolarla dal complesso, fu suddivisa in tre navate longitudinali e dotata di nartece, del campanile e di un chiostro da Lucio II (1144-45) e modificata nel '400 e '500; il complesso ebbe l'aspetto definitivo sotto Benedetto XIV (1743), quando Domenico Gregorini e Pietro Passalacqua trasformarono la navata centrale e sostituirono il nartece con un atrio ellittico, sul quale fu apposto il nuovo prospetto di travertino. 


La facciata, uno de capolavori del barocchetto romano, esplode tra le ali 'neutre' del convento, col suo impianto concavo-convesso di ascendenza borrominiana, a ordine unico di paraste corinzie, e culmina, oltre il timpano curvilineo, nell'aereo fastigio tra le statue degli Evangelisti, Elena e Costantino; la parte centrale si inflette all'esterno sotto la pressione dell'atrio ellittico, composto da un vano centrale con cupoletta, delimitato dalle colonne del precedente nartece e da un ambulacro anulare. Sulla destra si eleva il campanile romanico in laterizio, con quattro piani di bifore accoppiate, del tempo di Lucio II.

L'interno è suddiviso in tre colonne da dodici antiche e colossali colonne, quattro delle quali furono inglobate nei pilastri della trasformazione settecentesca; a questo intervento si debbono le paraste che interrompono il ritmo della trabeazione, la ricca decorazione a stucchi e il soffitto ligneo voltato a botte, nel quale si aprono i sei lunettoni in sostituzione delle finestre originali (al centro, La Vergine presenta S. Elena e Costantino alla Trinità, tela di Corrado Giaquinto del 1744).


 


da GUIDE D'ITALIA TCI "ROMA"






















L'ATRIO














L'INTERNO














LE RELIQUIE





E' tradizione antichissima che una parte della Croce sia stata portata a Roma e custodita nella Basilica Sessoriana. Nelle celebrazioni papali, qui era fissata la Stazione del Venerdì Santo. Il papa andava scalzo dal Laterano alla Hierusalem romana per adorarvi il legno della Vera Croce.



Reliquiario del chiodo



L'ANFITEATRO CASTRENSE

 
 
 
 
 
 









L'ORTO MONASTICO








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