Ideatore e costruttore di Villa d'Este fu Ippolito II d'Este, cardinale di Ferrara, figlio della famosa Lucrezia Borgia e di Alfonso d'Este. Ippolito d'Este (1509 - 1572) percorse una rapida e splendida carriera ecclesiastica e diplomatica: ad appena 10 anni veniva già nominato arcivescovo di Milano e, a trent'anni, su sollecitazione del re di Francia, Francesco I, alla cui corte Ippolito II aveva trascorso diverso tempo come rappresentante della casa d'Este, il papa Paolo III gli concesse la nomina a cardinale. La stima e l'ammirazione di Francesco I furono tali da procurargli cariche e benefici che lo resero il porporato più ricco del suo tempo, raggiungendo i massimi fasti, quando da cardinale fu nominato Protettore di Francia alla corte di Francesco I.
Uomo abituato al fasto, al lusso e alla ricchezza delle corti, Ippolito II ideò di costruire una villa che fosse la gemella del grandioso palazzo che contemporaneamente stava costruendo nel centro di Roma, a Monte Giordano. Come questo doveva servire a dare ricevimenti per suscitare e rinsaldare le preziose amicizie urbane, così la residenza di Tivoli avrebbe dovuto offrire un piacevole asilo agreste che permettesse più lunghi e meditati colloqui d'intesa, in un luogo appartato.
LE CENTO FONTANE
Quando le Cento Fontane furono costruite, la loro bellezza era straordinaria e ben diversa era la impressione che se ne ritraeva. I marmi lucidi, le acque prepotenti, le sculture integre, tutto concorreva a suscitare piacevoli sensazioni di fasto, di raffinatezza, di arte. Oggi non più: i marmi corrosi e le acque tremule ovunque mostrano la patina del tempo trascorso.
Le Cento Fontane fiancheggiano un lungo viale rettilineo che dalla Fontana dell'Ovato porta a Rometta o Fontana di Roma: zampillano in tre lunghissimi canali paralleli, ognuno più alto dell'altro che costituiscono un unico lunghissimo gioco idraulico.
Allegoricamente è possibile intuire che i sottili corsi d'acqua, alimentati dalle cento cannelle, rappresentano il fiume Aniene che scorre appunto da Tivoli a Roma, dove affluisce nel Tevere. Sovrastano il canale più alto sculture di gigli, navicelle ed aquile estensi, cioè gli usuali simboli cari al cardinale: i Gigli della indimenticabile Francia, i segni della barca di San Pietro e del mai raggiunto potere papale, gli stemmi araldici della Casa d'Este.
Lungo tutta la parete marmorea che divide il primo dal secondo canale, erano istoriati episodi delle Metamorfosi di Ovidio. Praticamente di esse rimane solo il ricordo e la grazia che la natura ha creato, gettando a profusione sulle scarne e pallidissime vestigia, la bellezza del capelvenere oscuro. Il viale, lungo circa 100 metri è dovuto a Pirro Lagorio, che compose tutto il lato a monte con due ordini di vasche sovrapposte. Le Cento Fontane hanno un particolare incanto che le rende uniche.
LA FONTANA DELL'OVATO
Per
il viale delle Cento Fontane, lasciando a sinistra la veduta della sovrastante
Fontana dei Draghi, si giunge alla Fontana dell'Ovato , conosciuta anche come
Fontana di Tivoli, costruita su disegno di Pirro Lagorio. In prossimità di
questa fontana affluiva anticamente il canale
che convogliava le acque dell’Aniene a Villa d’Este. E’ chiamata dell’Ovato
per la sua particolare forma ed è forse la fontana più barocca della
Villa. Infatti, oltre allo stile delle
parti architettoniche e scultoree, la fontana appare particolarmente elaborata
anche per l’impegno usato da Curzio Maccarone ad accumulare massi e rocce
ornamentali, in modo da creare una scenografia del Monte Elicona, che, pur
nascendo da una ispirazione naturalistica, è particolarmente ampollosa nella
esecuzione.
La
prospettiva generale riesce però imponente ed armoniosa, cosicché la fontana,
nell’insieme, può essere ritenuta di piacevole aspetto estetico. Oltre la
sommità della costruzione è posto il Cavallo alato di Pegaso, che sembra
davvero, data la particolare posizione, in procinto di spiccare il volo. Assai
più in basso, sempre sull’asse centrale, sorge la semplice statua della Sibilla
Tiburtina (Albunea), che tiene per mano
il figlio Melicerte, simboleggiante Tivoli. L’opera è di Giglio della Velia,
fiammingo. A destra e a sinistra, vi
sono le belle figurazioni marmoree degli dei fluviali Anio ed Erculaneo, di
Giovanni Malanca.
Chiude
la scenografia rupestre, cioè la parte superiore della fontana, un terrazzo limitato da una balaustra
marmorea; questa, nel mezzo, si apre per dare luogo alle onde che si rovesciano
pesanti e cristalline, formando una risonante cupola acquea. La vasca nella quale precipita la breve
cascata, ha per fondo un emiciclo a ninfeo, nei cui pilastri, in apposite
nicchie, si trovano dieci ninfe, che da vasi versano acque. Sono opera di Giovan Battista della Porta, su
disegno di Pirro Ligorio. Nel mezzo della vasca vi è una grande conchiglia con
le valve aperte, originariamente nella vasca del vicino Organo Idraulico.
Nel
porticato del ninfeo, ci sono gli abituali gigli francesi ed aquile estensi a
mosaico, però assai malridotti. Il parapetto della vasca è rivestito di
vivacissime ceramiche con particolari dello stemma di Casa d’Este. I platani
del piazzale abbelliscono mirabilmente l’insieme. Questa fontana, anche se manchevole in alcuni
particolari, è mirabile nell’armonia generale
e nella generosa profusione di motivi ornamentali che spesso dettero
ispirazione a numerosi artisti.
LA FONTANA DEI DRAGHI
La Fontana dei Draghi o della Girandola costituisce il motivo dominante della prospettiva centrale di Villa d'Este, data la sua posizione nel cuore stesso del giardino. E' questa una suggestiva, affascinante fontana, al centro della quale è collocato un gruppo di quattro orridi draghi, eseguiti secondo la leggenda in una sola notte nel settembre 1572, quando fu ospite della villa papa Gregorio XIII (nel cui stemma comparivano i draghi). Precedentemente la fontana era stata chiamata della Girandola per i complicatissimi artifici idrici di Tommaso da Siena, i quali riproducevano in una velocissima e continua serie di spari, il tuono del cannone, gli scoppi dei petardi e dei mortaretti, i colpi laceranti degli archibugi e delle spingarde, cosicché il tutto rumoreggiava, a somiglianza di una serie di rumori e di fragori di ordigni da fuoco. Sono stati recentemente ripristinati numerosi zampilli, che fanno corona allo scrosciante, altissimo, potente getto d'acqua, che si lancia verso il cielo e riempie l'atmosfera di sonanti e furiosi crepiti.
Anche questa fontana fu costruita da Pirro Lagorio, che, come suo costume, creò anzitutto una massa architettonica di grande effetto. Infatti, le due armoniose scalee che recingono e abbracciano la fontana, servono a raccordare, con felicissimo equilibrio, piani diversi di altimetria e di prospettiva. Oltre a costituire una notevole affermazione architettonica, la fontana è anche un gioiello di scultura e si distingue tra le consorelle per una particolare grazia armoniosa e vivace. Dove finiscono le dolci grazie armoniose delle scalee, giace una larghissima vasca di forma anche essa ellittica, nel mezzo della quale sorge il gruppo dei quattro draghi alati, con le teste sollevate e le bocche paurosamente aperte. Le sculture sono espressive e pervase da un vivo realismo. Nel centro, dietro la fontana, si trova un bel ninfeo, un tempo ornato da statue pregevoli.
TIVOLI
La Rocca, possente fortezza costruita nel XV secolo, deve il suo nome a Pio II, che la fece erigere quale perenne ammonimento ai riottosi e superbi Tiburtini, sudditi indocili. Agli angoli della fortezza, di forma quadrilatera, si levano quattro massicci torrioni cilindrici. Due sono dell'epoca di Pio II, mentre altri due furono aggiunti per volere di Alessandro VI, agli inizi del XVI secolo.
VILLA D'ESTE
LA VILLA
Ingresso alla villa
Sala della nobiltà - Affresco con allegoria della geometria
Appartamento nobile - Sala centrale
Soffitto ligneo della stanza da letto
IL GIARDINO
IL CORTILE
FONTANA DI NETTUNO
LA FONTANA DEI DRAGHI
Vista da sopra
LE CENTO FONTANE
FONTANA DELL'OVATO (O DELLA SIBILLA)
LA FONTANA DELL'ORGANO
LA FONTANA DI PEGASO
LA GROTTA DI DIANA
LA ROMETTA
TIVOLI
ROCCA PIA
IPPOLITO II D'ESTE
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